SERGIO MUSMECI, UNA VISIONE DEL/NEL MONDO ARCHITETTONICO

È in corso al MAXXI la mostra su uno dei "geni" del secolo scorso

inGenio, allestita nell’oramai familiare spazio espositivo “centro archivi” del museo MAXXI, è una rassegna sul lascito, materiale e spirituale, dell’ingegnere Sergio Musmeci (1926-1981), uno dei più importanti progettisti strutturisti del Novecento. 

Idee visionarie, costruzioni ardite

La mostra, curata dalla prof.ssa Tullia Iori, nasce dal desiderio di presentare al grande pubblico la vasta produzione di Musmeci, compresi numerosi progetti e idee – come ben sottolineato dalla curatrice – rimaste purtroppo sul tavolo dello studio di progettazione quando, nel 1981, l’ingegnere si spense prematuramente all’età di 54 anni. L’arditezza di alcune strutture, inedite per il panorama nazionale e internazionale di quegli anni, è tale che non si sarebbero nemmeno potute realizzare con le tecnologie dell’epoca, tanto che alcune non sono "cantierizzabili" nemmeno ora, a distanza di oltre quarant’anni.


inGenio

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Il percorso è suddiviso in macro categorie; le prime strutture, con le solette strutturali che si assottigliano fino a raggiungere la minima forma resistente realizzabile con la tecnologia del cemento armato, vengono pensate come dei veri e propri origami, in modo da “[…] far variare l’ampiezza del corrugamento in sintonia con la variazione naturale degli sforzi prodotti dalla distribuzione dei carichi e dei vincoli”, come affermato dallo stesso Musmeci. Questa progettazione permette di dare una forma tangibile, visibile, ai momenti flettenti dei materiali messi in opera, traducendo “in un fatto visuale la complessità degli schemi statici”. Le foto dei cantieri delle coperture del ristorante dello Stadio Olimpico del Nuoto di Roma (1957-59, con Vitellozzi, Del Debbio e Morandi) e del Teatro Regio di Torino (1966-70, in collaborazione con Mollino e Zavelani Rossi) mostrano chiaramente le onde strutturali che modellano lo spazio con schematici involucri matematici.


Solette strutturali a origam


Solette strutturali a origami - Stadio Olimpico del Nuoto di Roma (1957-59, con Vitellozzi, Del Debbio e Morandi)


Solette strutturali a origami - Teatro Regio di Torino (1966-70, in collaborazione con Mollino e Zavelani Rossi)


Nel tentativo di smaterializzare le solette piegate a origami, rendendo maggiormente diafani gli spazi, Musmeci inizia ad approfondire strutture composte da spigoli, perseguendo uno studio che era già stato iniziato da Nervi già negli anni ’30: sono gli intrecci delle travi, disposte a formare un reticolato a maglia che avvolge lo spazio, auto-esaltandolo. Avendo come obbiettivo la necessità di ottenere uno sforzo statico identico in tutte le parti, è la stessa “intrinseca economicità” a tradursi in un’organizzazione strutturale “[…] espressiva proprio perché efficace”. La sintesi richiesta genera coperture originali come la chiesa parrocchiale di San Carlo al Villaggio del Sole di Vicenza (1960, con Ortolani, Cattaneo e Zanini), un imbuto rovesciato che anche in pianta è frutto di un reticolo di spirali che ha come origine la posizione dell’altare sottostante. Tre sono le spirali presenti, ognuna generata da un angolo diverso. L’attenzione posta alla sacralità del luogo è indice di grande sensibilità e di riflessione tra forma e funzione degli elementi, con echi di miessiana memoria; in quegli stessi anni, difatti, l'architetto tedesco è ancora molto attivo. La forma generata dalla ripetizione di una figura geometrica semplice come il triangolo è macroscopicamente visibile nel Tempio Mariano sul Monte Grisa a Trieste (1962-67, con Guacci e Nordio), una struttura cubista incisa da profondi tagli di luce e ampi schermi di calcestrutto lasciato a vista. La zona presbiteriale è uno schermo alveolare, illuminato in maniera radente tale da accentuare la struttura portante a discapito della tamponatura retrostante. Rimasto solo sulla carta, purtroppo, il progetto per viadotto autostradale sul fiume Lao a Laino Borgo (CS), contraddistinto da una rete di elementi rettilinei a sezione costante e maglia triangolare, con aste parzialmente prefabbricate, disposti a formare degli stralli compositi. Sono esposte alcune delle tavole utilizzate per effettuare i calcoli statici di ogni nodo e asta, palesando l'aspirazione di ottenere una forma ricalcata sulle necessità ingegneristiche fattesi architettura.


Intrecci

Intrecci - chiesa parrocchiale di San Carlo al Villaggio del Sole di Vicenza (1960, con Ortolani, Cattaneo e Zanini)


Intrecci - Tempio Mariano sul Monte Grisa a Trieste (1962-67, con Guacci e Nordio)

La ricerca, continua e in-geniosa, di Musmeci lo conduce a sperimentare le cosiddette membrane, forme totalmente tese o interamente compresse ottenute modellando gusci ancor più sottili degli “origami” oppure  tessendo ragnatele di cavi in acciaio. “Raccontava come una buona struttura sa adoperare i vuoti e le geometrie l’inutilità di tanta materia con la quale inzeppiamo le strutture così credendole, a torto, più resistenti” riporta a tal proposito Luigi Prestinenza Puglisi; il prof.re Musmeci (dal 1955 assistente volontario poi strutturato alla cattedra di meccanica razionale e statica grafica dell Facoltà di Architettura di Roma poi, dal 1968 al 1980, docente incaricato del corso di ponti e grandi strutture) portava i suoi studenti in studio per presentare gli esperimenti condotti con fili di acciaio, bolle di sapone misto a glicerina, teli di gomma e modelli in neoprene. Esperimenti simili, invertendo le forze di compressione con quelli di trazione al fine di individuare l’andamento delle forze, erano stati eseguiti anche da Antoni Gaudì durante lo studio dell’arco catenario. La fotografia del modello per il ponte sul fiume Astico a Chiuppano, in provincia di Vicenza, è il tentativo di superare le forme “classiche” dei ponti degli anni ’50; i cavi tesi da bulloni, rovesciando lo scatto, divengono strutture compresse, proprio come i sacchetti di sabbia del catalano che, appesi ai fili, generavano le curve catenarie. I progetti in mostra sono tanti, tra i quali il ponte sul Tevere a Tor di Quinto a Roma (1957-58, con U. Luccichenti) – la forma dei piloni è ottenuta in maniera matematica, imponendo la condizione di membrana a compressione uniforme, facendo le prove su un modello in scala in pellicola saponata e gomma - o il concorso per il Palazzo del Lavoro di Torino (1959, con Bordogna e Mollino) e concorso per il Palazzo dello Sport di Firenze del 1965-66. Tra le poche opere realizzate figura il viadotto sul fiume Basento a Potenza (1967-75, in collaborazione con Livadiotti, Radogna e Zanini). Dichiarato monumento di interesse culturale già nel 2003, il ponte “[…] sorprende perché non è una forma di adesso, ma una forma un po’ estrapolata, il risultato di una concezione che generalizza quello che è stato fatto nei secoli. È una struttura in cui lo spazio entra in ogni punto”, tra curvature, segmenti (continuamente) interrotti e scultorea conquista antropica del paesaggio.


Membrane - Progetto di ponte sul Tevere a Tor di Quinto a Roma (1957-58, con U. Luccichenti)

Membrane - Progetto di ponte sul Tevere a Tor di Quinto a Roma (1957-58, con U. Luccichenti)

Membrane - Concorso per il Palazzo del Lavoro di Torino (1959, con Bordogna e Mollino)

Membrane - Concorso per il Palazzo del Lavoro di Torino (1959, con Bordogna e Mollino)

Membrane - Concorso per il Palazzo del Lavoro di Torino (1959, con Bordogna e Mollino)

Membrane - Viadotto sul fiume Basento a Potenza (1967-75, in collaborazione con Livadiotti, Radogna e Zanini)

Membrane - Viadotto sul fiume Basento a Potenza (1967-75, in collaborazione con Livadiotti, Radogna e Zanini)

Membrane - Viadotto sul fiume Basento a Potenza (1967-75, in collaborazione con Livadiotti, Radogna e Zanini)

La combinazione di strutture poliedriche secondo geometrie spaziali astratte e la prefabbricazione di materiali cementizi innovativi porta Musmeci a studiare gli antipoliedri, forme che "proliferano in modo esplosivo, simbolo di una vitalità caotica e primigenia". Si tratta di strutture reticolari spaziali che divengono un mezzo per testimoniare lo spazio "[...] depurato da ogni altra connotazione non propriamente geometrica". Le aste, identicamente correlate tra loro, si equivalgono anche negli equilibri statici. I modelli spaziali basati su rombododecaedri, nodi tetraedrici, esaedrici e ottaedrici sono costruiti ed esposti anche per le vie e piazze della capitale. Possiamo immaginare la curiosità dei passanti mentre contemplano queste geometrie, desiderio di suscitare queste ed altre emozioni sicuramente negli interessi del loro ideatore, poiché "tutte le volte che mi lasciano spazio, io questo spazio lo invado".


Antipoliedri

Antipoliedri

Vorrei in ultimo soffermarmi sul progetto di concorso internazionale di idee per un ponte sullo Stretto di Messina del 1969, realizzato con Quaroni, qui presentato con viste prospettiche, sezioni, dettagli tecnici – anche lo studio della velocità della corrente in entrambi i sensi – e un modellino in scala. Il duo vince il concorso per la categoria dei ponti a unica luce con una tensostruttura stabilizzata in senso orizzontale da cavi pretesi, disposti sotto l’impalcato, con antenne di acciaio speciale alte 600m e distanti tra loro oltre 3 km. Collegare Messina con Calabria è un sogno antico, ci ricorda la Iori, pensato arditamente anche da Carlo Magno; negli anni del boom economico italiano sembrava tutto più credibile, ed è un peccato che anche questo progetto sia rimasto unicamente sulla carta.


Progetto per un ponte sullo stretto di Messina - 1969 con Quaroni

Progetto per un ponte sullo stretto di Messina - 1969 con Quaroni

Progetto per un ponte sullo stretto di Messina - 1969 con Quaroni

Progetto per un ponte sullo stretto di Messina - 1969 con Quaroni

Il "valore dell'architettura" come eredità culturale

Il riconoscimento di un valore culturale avvenuto per il viadotto potentino ha una valenza non secondaria riguardo l’eredità di Sergio Musmeci. Sono gli insegnamenti che ha impartito ai suoi allievi, ai professionisti che si trovano a restaurare gli edifici e le infrastrutture da lui realizzati, il desiderio degli studiosi di approfondire la documentazione dell’archivio e la conoscenza di questo “genio” ancora troppo poco noto - nonostante mostre ed eventi che lo stanno portando alla ribalta del grande pubblico - l'eredità maggiore. Come per tanti altri professionisti e colleghi del passato, anche recente, se “la forma non è data ma deve essere calcolata”, la salvaguardia e la valorizzazione di questo patrimonio non nasce spontaneamente ma può avvenire unicamente solo dopo averne riconfermato la valenza culturale, meticolosamente valutata, “calcolata”.



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