Roma razionalista e i Palazzi delle Poste - Parte II

Durante il ventennio si decise di costruire quattro nuovi edifici postali per altrettanti quartieri della capitale in forte espansione demografica.

Ricollegandomi alla precedente trattazione, seguirà una breve trattazione sul progetto C destinato al quartiere Milvio, vinto dall’arch. Armando Titta e l’ultimo progetto, D, destinato al quartiere Nomentano dell’arch. Mario Ridolfi.

C − Palazzo delle Poste di viale Giuseppe Mazzini (Milvio), Armando Titta, 1933-1935




Situato all’attuale confluenza di via Giuseppe Andreoli su viale Giuseppe Mazzini, il progetto dell’arch. Titta presenta un impianto planimetrico trapezioidale compatto, la cui facciata principale è un’unica parete curva che annulla l’angolo dell’intero isolato: che si provenga dal viale principale oppure dalla via secondaria, la volumetria dell’edificio è percepita alla stessa maniera. Il progetto ha seguito pedissequamente lo schema distributivo del bando di concorso, come se lo stesso architetto si fosse limitato a trasformare la sequenza di funzioni richieste dal ministro delle comunicazioni Galeazzo Ciano - esplicitate in un grafico allegato al concorso - in semplici volumetrie giustapposte. La convenzionalità dell’impianto corrisponde a una certa reticenza nell’utilizzo delle nuove tecnologie in campo architettonico; alla struttura in cemento armato sono state affiancate murature portanti in tufo, tecnica ridondante in una logica strutturale coerente e uniforme.  La facciata principale è come un unico blocco rivestito di listelli di laterizio, mentre la parte del primo ordine della zona centrale è interamente rivestita di travertino bianco di Tivoli, leggermente sovra squadro; entrambi gli ingressi, speculari all’asse centrale della pianta, sono raggiungibili con una scalinata di travertino bianco. Al centro, tre grandiose finestrature tagliano la parete continua in travertino come se abbracciassero idealmente per intero i tre piani dell’edificio. In corrispondenza del solaio fra il piano rialzato e il primo, in una fascia di pietra calcarea di Tivoli trovano posto le scritte “Poste” e “Telegrafi”, a indicare la specifica funzione dell’edificio tittano. Il retro dell’edificio, più basso di un livello, si presenta semplicemente intonacato, luogo destinato allo smistamento della posta e agli uffici dei dipendenti. La caratteristica peculiare di questo, come degli altri progetti vincitori, è quella di aver realizzato un edificio isolato e separato dalla trama urbana così da permettere ai moderni mezzi di trasporto motorizzati di circolare liberamente attorno alla posta per le operazioni di carico e scarico di scatole e pacchi delle spedizioni nei rispettivi retri.

Vista progettuale. ©Casabella

Prospetto principale

Prospetto principale, dettaglio della scritta del piano terra




D − Palazzo delle Poste di piazza Bologna (Nomentano), Mario Ridolfi, 1933-1935

Il progetto dell’arch. Ridolfi, vincitore del concorso D, si presentava schematicamente diviso in tre corpi: una parte centrale comprende l’ingresso, il salone destinato al pubblico, la sala dei portalettere sul retro e la sala degli apparati telegrafici al primo piano, mentre al piano terra altri due volumi laterali erano destinati ai servizi e nei livelli superiori trovavano posto gli uffici. Il bando stesso richiedeva una facciata simmetrica verso la prospiciente piazza e il corpo centrale rialzato, svettante rispetto a quelli laterali. 



Nell’agosto del 1933, subito dopo essersi aggiudicato l’incarico, Ridolfi chiese di modificare il progetto proponendo una nuova struttura compatta, in cui le tre parti destinate a funzioni differenti richieste dal bando, venivano accorpate in un unico blocco. Mussolini stesso, visionato il plastico, diede il definitivo assenso al palazzo delle Poste nomentano. La pianta dell’edificio è un rettangolo ammorbidito nelle forme grazie al totale annullamento degli spigoli, con un continuo andamento concavo-convesso smorzato unicamente sul prospetto principale, dove una pensilina convessa entra visivamente in contrapposizione alla parte concava della parete continua, ideale moderna citazione dei giochi compositivi del barocco romano borrominiano. Il solido blocco è tutt’altro che statico, vibra al variare della luce naturale e in base alla stagione: il rivestimento principale è composto da orizzontali listellature di travertino color nocciola di Magliano Toscano, materiale appositamente scelto dall’architetto per creare dei chiaroscuri cromatici più decisi, rispetto al bianco di Tivoli. [1]

Nel novembre del 1934 sono murati nella facciata alcuni campioni di travertino di Fiano Romano, di pietra calcarea di Frasso e di travertino di Magliano, ma la scelta ricadde proprio su quest’ultimo. 

L’ampia scalinata frontale immette al salone principale, spazio suddiviso da sei pilastri quadrati che definiscono due campate; la più piccola, di 2,80 m, è destinata alla sala scrittura, mentre in quella maggiore troviamo il salone pubblico e gli sportelli.

 

Pianta piano terra. ©Casabella

Sezione verticale. ©archidiap

Il retro presenta una parete curtain wall e due cilindri in vetro-cemento che coprono le scale di servizio dell’edificio; si tratta di un elemento innovativo dell’architettura razionalista italiana, in cui l’infisso in acciaio inizia a essere utilizzato più estensivamente. Si tratta di puro contrasto fra scheletro portante e tamponatura, risolto in facciata nascondendo il telaio con la listellatura in travertino, mentre nel retro mette a nudo i pilastri in falso.

I materiali scelti, come la struttura portante, presentano la dicotomia del razionalismo italiano fra tradizione e modernità.[2]I gradini della scalinata frontale sono rivestiti di granito grigio della Val Camonica, i pilastri dell’ingresso di marmo nero del Belgio, il balcone di linoleum rigato grigio sul fronte e nero sul piano, ma il genio di Ridolfi si palesa nel controsoffitto: il telaio in acciaio e vetri Termolux elimina gli spigoli del salone riducendo progressivamente l’altezza dello spazio con una superficie curvilinea, fin tanto da “orientarne” l’uso e la leggibilità.





Prospetto principale su piazza Bologna




[1] De SimoneIl razionalismo nell’architettura italiana del primo novecento, 178

[2] V. PalmieriMario Ridolfi. Guida all’architettura, Arsenale, Verona 1997, 22.



Post più popolari