Il Tempio Malatestiano di Rimini

La Cattedrale di santa Colomba, Templum Mirabile della Signoria di Sigismondo Pandolfo Malatesta

L'antica chiesa di san Francesco è stata adibita a Cattedrale della città di Rimini, assumendo il nome di santa Colomba, dopo che l’antico edificio che assolveva a questo compito venne distrutto nel 1809.

Edificata nel IX secolo, rimaneggiata in forme gotiche nel XIII e nel XIV secolo, la chiesa divenne l’edificio simbolo del potere temporale del signore di Rimini Sigismondo Pandolfo Malatesta (1417-1468): uomo colto e gran mecenate, Sigismondo affidò a Leon Battista Alberti (1404-1472) la sua ri-progettazione. «Trucca un vecchio scheletro gotico […] e costruisce un episodio che va per sé», disse Bruno Zevi; l’Alberti prende elementi della classicità romana  importanti per lui furono gli studi che fece nella capitale papale sugli edifici antichi  e configura un involucro che può essere considerato il primo edificio religioso pienamente rinascimentale, sotto la cui pelle con-vive la costruzione gotica, ben visibile lungo i fianchi esterni e all’interno con i suoi archi ogivali. In facciata è presente la data simbolo del 1450 ma sappiamo che i lavori si protrassero anche dopo quell’anno: Sigismondo voleva che l’edificio fosse un luogo dedicato alle memorie dei Malatesta, passati, presenti e futuri, una tomba monumentale pensata per sé e per i discendenti. Nel 1449 lavoravano alla mirabile macchina il riminese Agostino di Duccio, scultore, Matteo de’ Pasti, architetto, scultore e medaglista e dal 1451 anche Piero della Francesca, pittore. 


La stessa Rimini fu lo spunto progettuale non indifferente: in città sono presenti due monumenti romani ben conservatisi, l’arco d’Augusto e il ponte di Tiberio, entrambi del I sec. d.C.; l’arco, inquadrato dall’ordine composto da due alte semicolonne corinzie e un’unico fornice, e il ponte scansito da cinque arcate vennero fusi in perfetta armonia, delimitando la volumetria esterna in un gioco di accentuati chiaro-scuri.

L’edificio rimase incompleto a causa delle sfortune politiche ed economiche della Signoria e questo lo si vede nitidamente in facciata, dove il coronamento superiore, un arco circondato da un festone con decorazioni fitomorfiche e putti, è incompiuto. Siamo a conoscenza del progetto originario grazie a una medaglia bronzea del 1453-55 di Matteo de’ Pasti, conservata nel Museo della città di Rimini: sul verso vediamo il prospetto del Tempio e scorgiamo nitidamente il coronamento del fronte e la cupola che era stata pensata per la zona absidale. Interessanti le ipotesi ricostruttive della zona absidale di Carlo Ludovico Ragghianti e di Franco Borsi: il primo ipotizza una vera e propria tholos che fa pensare immediatamente al Pantheon di Roma, il secondo pensa a uno transetto al cui incrocio con la navata centrale si erga, imponente, la cupola; questa seconda ipotesi sembrerebbe avvalorata da alcune fondazioni scoperte durante gli scavi compiuti nel 1926-27.



L’interno è definito da un unico vano affiancato da cinque cappelle per parte, caratterizzato da un primo ordine inferiore sopra al quale si imposta un attico con paraste bidimensionali, la cui cornice va a inquadrare la chiave di volta degli archi gotici delle cappelle laterali. Il sarcofago di Sigismondo è disposto in controfacciata, mentre quello della sua terza e ultima consorte, Isotta degli Atti, trova collocazione nella cappella di s. Michele, terza di destra, sorretto da due elefanti.


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